martedì 22 gennaio 2013

DILLO ALLA LUNA, MAMMA'

Alla luna giovane. 
Dillo alla luna giovane, ché quella poi invecchia nel giro di qualche ora, e se confessi in tempo, porta con sé tutti quei sogni che la vita ti rifiuta manco che fossero calci in culo alla morale. La vecchiaia della luna è la cosa più bella che possa esistere perché conosce alla perfezione la durata delle libertà e la impasta con la solitudine di chi per vivere ha bisogno di ripararsi dalla luce. 
La luce quaquaraquà, mammà, mica la verità.
La luna è un altro discorso, come il ragno che fa il bagno nel latte dove sono nato io, Giovanneddhu.
Ammè 'sta cosa degli sfratti e delle occupazioni violente non va giù. Per dire, l'introspezione più intensa la vissi quando lavorai come parcheggiatore abusivo. Allora il ragno non faceva ancora il bagno da te, epperò il tema dell'abusivismo era nel mezzo di ogni pensiero. Mi dicevo, cazzo, ma il parcheggiatore abusivo di cosa abusa? Il terreno è mio, e i sogni pure, specie se valgono pochi spiccioli. E tu, mammà, puntualmente mi prendevi il capo nel nido delle mani, sempre a misura, e mi dicevi che l'abuso mio stava nel trasgredire alcune leggi dello Stato, nel non avere la licenza e così e cosà. E Giovanneddhu, fai il bravo!
Passarono i giorni e così anche la voglia di quei sogni da poco. Poi è venuto il ragno nel seno tuo e sono tornato alle vecchie elucubrazioni. Tu a questo ragno ce l'hai data la licenza? Cioè, mammà, stammi bene a sentire: questo realizza i sogni suoi sguazzando abusivamente nel latte tuo, per fare ciò contrasta i tuoi di sogni, e tu manco una multa, una sanzione, una minchiata qualsiasi per scacciarlo via.
Mi confondi, mammà, mi capisci? Ammè lo Stato mandò la Finanza, e tu a quello non ci mandi manco la foto di quando bevvi quel latte per la prima volta.
Io non so con chi prendermela, a questo poi aggiungici il fatto di non potere più fare il parcheggiatore abusivo. Perché non posso, mammà? Perché i miei sogni non solo sono cambiati, ma costano pure troppo, a quanto pare. Perché mentre tu mi rimproveravi per non avere ubbidito alle leggi dello Stato, lo Stato forse già sapeva del ragno tuo e si prodigava a lavarsene le mani. E sai come si chiama questo lavaggio di palmi, mammà? Si chiama Malasanità.
So che hai capito, tu capisci sempre tutto, furbacchiona mia. Tu ora mi dici che non ci riesci, che la morfina, che la chemio, che ti si spezzano le ossa, che il latte s'è finito e se prima c'era la speranza che il ragno affogasse, adesso manco quella, eccetera. Tu continui a dirmi minchiate, mammà, ti prendi gioco di me con queste scuse e mi mandi avanti da solo a parlare con la luna giovane perché sai, furbacchiona, che i miei sogni sono pure i tuoi e a chiederli in due si finisce per non essere ascoltati.






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